La carne? Un valore sociale che ha segnato la nostra storia
15 gennaio 2019Dall’antichità ai giorni nostri, un approfondimento sul ruolo sociale della carne in Italia, fino al valore della carne di pollo nella società contemporanea
“L’uomo è un animale onnivoro” è uno dei primi concetti che vengono insegnati nei libri di scienze delle scuole elementari.
“Le evidenze scientifiche che siamo onnivori sono molteplici, a cominciare dalla nostra dentatura, che è completa e polifunzionale, molto diversa da quella degli erbivori. Non abbiamo bocche idonee alla raccolta diretta del cibo da terra e quindi non possiamo afferrare, tagliare l’erba con gli incisivi e brucare come fanno gli erbivori, non abbiamo molari adatti a sminuzzare i vegetali e non riusciamo ad ingoiare facilmente alimenti troppo fibrosi e grossolani” – ci dice Susanna Bramante, agronomo e divulgatrice scientifica -“Anche se l’uomo appartiene ai primati, non è vero che debba cibarsi solo di foglie, frutta, ortaggi e radici come le scimmie o come un gorilla. L’uomo si è evoluto e ormai abbiamo ben poco da condividere con i nostri parenti più stretti”.
La storia dell’uomo è stata prima di tutto ricerca continua di risposte ai suoi bisogni alimentari. E la storia della carne è strettamente legata a quella dell’essere umano, ne costituisce uno degli elementi fondanti.
Per le carni possiamo affermare che il modello di produzione controllato, tipico dei Romani e basato soprattutto sull’allevamento di piccoli ruminanti in ambienti confinanti, si è andato combinando con un modello spontaneo, di matrice germanica e celtica, basato sullo sfruttamento della natura vergine e degli spazi incolti, ideali ad esempio per la caccia o l’allevamento brado di suini selvatici.
Nei secoli successivi, caratterizzati in Europa dal consolidamento del pensiero cristiano, la carne non perde il suo valore centrale. Arrivando alla corte di Carlo Magno – primo monarca che ha fatto del consumo di carne un elemento della propria iconografia di potente – e al boom dell’VIII/IX secolo, con una sempre più crescente domanda di cibo e la conseguente espansione agraria.
Nei secoli dell’abbondanza il consumo di carne si attesta come status-symbol: arretrano le colture cerealicole, avanzano i pascoli e le colture foraggere. È il cosiddetto periodo dell’Europa carnivora, un periodo felice che arriva fino al XVI secolo.
Con la modernità arriva il concetto di qualità e standard industriale, di pari passo al progredire delle conoscenze scientifiche. E la carne prosegue la sua ascesa sulle tavole di mezzo mondo.
Oggi la carne è fulcro del discorso sull’alimentazione e attrice protagonista nella dieta mediterranea e non solo.
In Italia le filiere delle carni contribuiscono a circa il 15% dell’intero risultato economico dell’industria alimentare tricolore.
La realtà produttiva italiana è caratterizzata da un gran numero di aziende a dimensione familiare, o poco più, che danno continuità alla tradizione da generazioni in un sistema complesso ed eterogeneo molto legato alla dimensione contadina.
La carne in Italia da una parte costituisce la prima voce fra le principali produzioni agricole, dall’altra riveste un ruolo importante in varie economie locali che contribuiscono in modo non indifferente al totale nazionale.
Questa multiformità e capillarità rappresenta la specificità italiana: un patrimonio di biodiversità che rappresenta un presidio sicuro per il mantenimento dei territori montani e collinari.
Spicca la filiera avicola italiana: con 18.500 allevamenti, di cui 6.400 professionali, che impiegano 38.500 addetti. Un modello per la zootecnia nazionale.
Si tratta di una filiera fortemente integrata, che si ispira all’approccio europeo del From farm to fork e la sua struttura ne è la piena dimostrazione. Ogni singolo gruppo alimentare, infatti, riunisce in se tutte le differenti fasi della produzione, quella di allevamento, quella di macellazione e quella di trasformazione, aumentando la sicurezza e l’efficienza delle produzioni.
Tutto il pollo che mangiamo in Italia è di produzione nazionale. Quella avicola è l’unica filiera nel panorama zootecnico nazionale che garantisce l’autosufficienza rispetto al consumo interno, con un tasso di approvvigionamento pari al 103%. Tuttavia, molti non sanno che il pollo che portano in tavola è italiano (il 64% secondo una ricerca Ipsos).
Per la maggioranza della popolazione, il 54% degli italiani, pollo e tacchino sono ormai diventate la principale fonte di proteine.
La carne bianca è l’unica fonte proteica di origine animale che vede aumentare i consumi e ha affiancato legumi e prodotti vegetali nelle abitudini alimentari degli italiani.
Fonte: La sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia – Elisabetta Bernardi, Ettori Capri, Giuseppe Pulina – ed. Franco Angeli