Il sistema di etichettatura della filiera avicola italiana: come funziona?
8 ottobre 2019Di cosa parliamo quando parliamo di etichettatura della filiera avicola italiana?
Parliamo di un Disciplinare di etichettatura volontaria delle carni di pollame (pollo, gallina, tacchino, faraona, anatra) autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali nel 2005; grazie all’impegno diretto del settore avicolo, l’Italia ha precorso i tempi della Commissione Europea, che è arrivata all’obbligo di origine delle carni avicole solo nell’aprile 2015.
Nel nostro paese la base giuridica dei disciplinari è rappresentata dal Decreto Ministeriale 29 luglio 2004, che aveva normato la possibilità di dare informazioni relative all’origine (nato, allevato e macellato in Italia) insieme ad altre informazioni volontarie riguardanti sistema di allevamento (es. all’aperto), tipologia di alimentazione (es. vegetale, no ogm, priva di farine animali e/o di grassi animali aggiunti), rispetto del benessere animale (maggiore spazio in allevamento rispetto ai limiti di legge, disponibilità o uso di luce naturale/ solare, ecc.), tipo genetico, e così via.
Oggi il Disciplinare conserva il valore di rendere disponibili al consumatore una serie di informazioni aggiuntive, attraverso un sistema trasparente, controllato da un organismo di certificazione riconosciuto, il CSQA, che pianifica una serie di audit definiti in un Piano dei controlli anch’esso approvato dal Ministero.
Una banca dati centralizzata accoglie tutti quegli elementi che permettono di tracciare in assoluta garanzia le carni che verranno immesse in commercio: dal numero e data d’ingresso e di uscita degli animali in allevamento, alle informazioni che si intende comunicare, al nome ed indirizzo dell’allevamento.
Le etichette, nella loro forma e contenuto, vengono approvate da Unaitalia. È prevista infine una serie di misure per gestire eventuali non conformità al Disciplinare, nonché un regime sanzionatorio che può arrivare all’espulsione dell’operatore.