filiera
Fake News

Fake news sulla filiera 100% italiana? Scacco in cinque mosse

Filiera non sostenibile, consumo di carne non salutare, alimenti plant-based come sostituti perfetti della carne: quante sono le fake news che inquinano il dibattito intorno alla produzione di carni avicole?

Eppure si tratta di un settore centrale per la food security, ci dovrebbero essere informazioni chiare e non distorte. Ecco un vademecum che smonta con dati e studi scientifici le più pericolose bufale che circolano sul settore di produzione delle carni, aggiornata con quelle che oggi risultano essere le più diffuse.

1.Mangiamo troppa carne.

Falso! Le stime si riferiscono ai consumi apparenti, che considerano anche le parti non commestibili. In Italia, infatti, in media il consumo reale pro-capite è di circa 32,9 Kg di carne all’anno. A sgombrare il campo da equivoci ci ha pensato l’imponente lavoro di ricerca dell’equipe dell’Università di Bologna, coordinata dal professor emerito di Zootecnia Vincenzo Russo, insieme alla Commissione di studio Istituita dall’ASPA: “Consumo reale di carne e di pesce in Italia” il titolo del lavoro del team di studio che ha rivisto al ribasso le stime sul consumo di carne finora disponibili che si basavano unicamente sulla quantità, in peso carcassa equivalente, di carni prodotte e importate, senza tenere in considerazione che esistono parti commestibili e parti non commestibili. Nel 2021 secondo i dati Ismea, in Italia il “consumo apparente” pro capite annuo (bovino, suino e pollo) è stato pari a 65,3 Kg che corrisponde ad un consumo reale, quindi delle sole parti edibili, di 32,9 Kg, quindi di certo al di sotto del consumo giornaliero raccomandato di carne.

2.La produzione di carne non è sostenibile per l’ambiente: troppi sprechi di acqua

Falso! Le fonti su cui si basano queste stime quantificano il volume di acqua utilizzata e non l’impatto ambientale dell’acqua consumata nella produzione. Ma non tutta l’acqua è uguale: l’acqua presa dalla falda non ha lo stesso impatto ambientale di quella piovana o di quella scaricata. In Italia per produrre 1 Kg di carne bovina in un sistema efficiente servono 790 litri d’acqua perché l’80-90% di queste risorse idriche ritorna nel naturale ciclo dell’acqua. È vero che per produrre 1 Kg di carne di manzo servono 15.000 litri d’acqua? Non proprio, soprattutto in Italia: la valutazione dei consumi d’acqua nel settore zootecnico calcola l’impronta idrica di un prodotto sommando l’acqua «blu», quella prelevata dalla falda o dai corpi idrici superficiali, l’acqua «verde», quella piovana evapotraspirata dal terreno durante la crescita delle colture, e l’acqua «grigia», il volume d’acqua necessario a diluire e depurare gli scarichi idrici di produzione. In Italia si impiega, rispetto alla media mondiale, il 25% d’acqua in meno per produrre un chilo di carne bovina. A livello complessivo, dunque, l’intero settore italiano delle carni (bovino, avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua e che sono restituite all’ambiente come l’acqua piovana, mentre solo il 10-20% dell’acqua necessaria per produrre 1 Kg di carne viene effettivamente consumata.

3.Gli allevamenti e la filiera delle carni contribuiscono al cambiamento climatico

Falso! Secondo il lavoro di un team di ricercatori dell’Università di Sassari, l’allevamento italiano contribuisce a combattere il riscaldamento globale e a mitigare il cambiamento climatico. Il team di ricerca italiano infatti ha adoperato le nuove metriche per calcolare le emissioni proposte da un pool di fisici di Oxford che per la prima volta tengono conto della permanenza dei gas in atmosfera. Una differenza sostanziale se consideriamo che il metano dopo 50 anni è praticamente sparito, mentre l’anidride carbonica resta in atmosfera per oltre mille anni. I ricercatori italiani, sulla base dei dati ufficiali pubblicati dall’ISPRA dal 1990 al 2020, hanno applicato queste nuove metriche alle emissioni di metano di tutte le filiere zootecniche italiane e hanno successivamente confrontato i risultati con quelli che si erano ottenuti usando le vecchie metriche, rilevando non solo una significativa riduzione delle emissioni, ma addirittura la negativizzazione dell’impronta ambientale.

4.I cibi artificiali impattano sull’ambiente molto meno di quelli naturali.

Falso! La produzione di alimenti naturali si inserisce in un processo completo dove emissioni e sequestro delle emissioni sono bilanciate. Nella produzione dei fake food invece si possono contabilizzare solo le emissioni. Gli alimenti di origine animale sono prodotti in condizioni in cui emissioni e assorbimenti si bilanciano. Nel caso dei gas climalteranti, alle emissioni di metano, protossido di azoto degli allevamenti della filiera, si contrappone la capacità delle colture e delle superfici alberate di sequestrare carbonio per cui il bilancio è, nelle condizioni generali dell’allevamento italiano, in parità se non in negativo, secondo i calcoli effettuati con le nuove stime.

5.La carne è pericolosa perché contiene ormoni e antibiotici.

Falso! Il trattamento degli animali della filiera con ormoni è vietato in Europa da oltre 40 anni e da più di quindici anni sono vietati anche gli antibiotici a scopo preventivo. L’impiego di antibiotici deve essere limitato nel tempo, e gli animali possono essere macellati soltanto dopo che i farmaci sono stati completamente smaltiti (dopo cioè il cosiddetto “periodo di sospensione”), cioè quando i residui sono a concentrazioni del tutto innocue per la salute umana. Il pollo e tutta la carne che mangiamo quindi non ne contiene affatto.

 

Fonti: Carni Sostenibili